Alice Coachman Davis il primo Oro afro-americano

Alice Coachman Davis il primo Oro afro-americano

Alice Coachman Davis il primo Oro afro-americano

 

 

Alice Coachman Davis non è mai entrata nel pantheon degli eroi dello sport afro-americano, come Jesse Owens o Wilma Rudolph, ma è stata comunque una pioniera, una delle atlete più importanti nella storia dell'atletica.

Nel 1948, gareggiando come Alice Coachman, divenne la prima donna afroamericana a vincere l'oro olimpico nell'atletica, battendo i record statunitensi e olimpici nel salto in alto, ma forse non molte persone hanno mai sentito parlare di lei, anche se è stata una delle atlete che ha fatto la storia.

Nasce il 9 novembre del 1923, ad Albany in Georgia, come figlia di uno stuccatore e di una casalinga, quinta di dieci figli.

 

Alice Coachman non è stata mai incoraggiata da bambina, anzi, soprattutto il padre ha tentato di distoglierla in tutti i modi dalla sua voglia di gareggiare, preoccupato per la sicurezza della figlia, considerando i rischi che le donne afroamericane potevano affrontare in quel periodo.

Ai suoi tempi, era considerato discutibile per le donne competere in pista e in campo, al contrario di più sport "femminili" come il nuoto o il tennis.

"C'erano alcuni stereotipi che erano molto prevalenti", dice Gary Sailes, sociologo sportivo dell'Università dello Indiana “se partecipi allo sport, potrebbe influenzare la tua capacità di avere un bambino o essere accusata di omosessualità”.

Questi erano consigli apparentemente condivisi dal padre di Alice. "Suo padre credeva che le ragazze dovessero essere sdolcinate e sedersi sotto il portico e bere il tè e non fare sport", dice Heather Lang, autrice di un libro sulla vita di Alice.

In un'intervista del 2004 Alice Coachman disse che il fatto le ragazze fossero intimidite e consigliate di non praticare l'atletica, alla fine la aiutò.

"Non avevo ragazze come compagne dei miei giochi perché erano troppo poco femminili e non avevo alcuna concorrenza per saltare, per correre veloce, nel baseball o nel softball, così ero davvero come un ragazzo alla vista degli altri ragazzi con cui stavo giocando. E quando mi guardo indietro, forse se non avessi giocato con loro, non sarei stata brava come sono poi diventata. Quella è stata la mia palestra”.

Alice Coachman è cresciuta in una famiglia povera, in Georgia, spesso correndo e saltando a piedi nudi, a volte usando corde o stracci legati come asticelle, mentre praticava con i suoi salti.

E' stata scoperta, durante un meeting al Tuskegee Institute e dal quel momento ha continuato a vincere i campionati nazionali nel salto in alto, per 10 anni di fila. Grazie al sostegno di una sua insegnante e di sua zia, era riuscita ad iscriversi al Tuskegee Institute in Alabama all'età di 16 anni, ottenendo una borsa di studio. Qui studiò sartoria e si diplomò nel 1946. Successivamente, nel 1949, conseguì una laurea in economia domestica presso l'Albany State College. La sua perseveranza e il suo impegno contribuirono a plasmare il suo futuro.

 

Quando fu selezionata per la squadra olimpica, purtroppo i giochi furono cancellati, nel 1940 e nel 1944,  a causa della seconda guerra mondiale.

L'allenatore e molti altri credevano che sarebbe diventata una pluri-campionessa, se solo ne avesse avuto la possibilità.

Se avesse gareggiato in quelle Olimpiadi cancellate, oggi probabilmente parleremmo di lei come l'atleta femminile migliore di tutti i tempi" ha scritto Eric Williams per il Black Athlete Sports Network.

 

Alice Coachman fu premiata per la sua medaglia d'oro, a Londra, da re Giorgio VI: fu l'unica donna americana a vincere una medaglia d'oro nell'atletica a quei giochi.

 

Il benvenuto a casa ad Albany fu però molto triste: un evento segnato dalla segregazione razziale, in cui il sindaco si rifiutò di porgere la sua mano alla Campionessa.

"Tornare a casa nel proprio paese, nel proprio Stato, nella tua città, e non avere una stretta di mano dal sindaco? Non è stata una bella sensazione" ricordò Alice durante un'intervista qualche anno dopo.

Lansbury, uno storico indipendente, dice che l'evento deve essere ricordato nel contesto dei tempi: “L'accoglienza di Albany può non aver rappresentato una svolta per i diritti civili, ma l'aver dichiarato un giorno di festa e aver tenuto una parata in suo onore, fu qualcosa di abbastanza insolito per una città della Georgia sud-occidentale alla fine degli anni '40. Per loro mettere una foto di lei, afro-americana, sulla prima pagina dell'Alban Herald è stato un atto insolito, mai successo prima", dice Lansbury.

 

Le Olimpiadi del 1948 furono il suo ultimo evento agonistico. Una dozzina di anni dopo, guardò Wilma Rudolph, che si riprese dalla paralisi infantile causata dalla poliomielite, vincere tre medaglie d'oro a Roma nel 1960.

Wilma Rudolph diventò una figura estremamente celebrata, contribuì ad elevare la popolarità delle donne atlete negli Stati Uniti. La sua celebrazione nel ritorno a casa a Clarksville, Tennessee fu, su sua insistenza, un evento che coinvolse tutta la città.

 

In quegli anni cruciali, l'ambiente dei diritti civili e gli atteggiamenti razziali erano cambiati abbastanza perché Rudolph potesse essere festeggiata in un modo che non era stato possibile per Alice Coachman.

"A volte, si tratta solo di qualcuno che è la persona giusta al momento giusto", dice Lansbury. “E' stato subito chiaro che con Wilma Rudolph ci fu una convergenza tra la sua personalità e il punto in cui i diritti civili erano arrivati in quel preciso momento, nel quale lei aveva gareggiato”.

La stessa Coachman attribuì la maggiore fama della Rudolph alla diffusione della televisione. Alice non fu mai infastidita dal trionfo della Rudolph, ma non poté essere entusiasta quando la Rudolph, nella sua autobiografia, si attribuì la prima medaglia d'oro olimpica. Poi libri e articoli si susseguirono e tutti  continuarono ad essere pubblicati accreditando la Rudolph come la prima donna afro-americana a vincere l'oro olimpico, anche se non era lei la detentrice del "record".

 

 

 

 

Alice Coachman, nel frattempo, sposò Davis, divenne insegnante e allenatore. Nel 1952, la Coca-Cola Company la ingaggiò come testimonial, facendo di lei il primo afro-americano a guadagnare un accordo di sponsorizzazione.

Ricevette il riconoscimento che meritava nei suoi ultimi anni, fondando una associazione all'età di 70 anni, la Fondazione Track and Field per aiutare a sostenere gli atleti più giovani e fornire assistenza ai veterani olimpici in pensione.

Così, é stata inserita nella Hall of Fame olimpica quando aveva 80 anni.

Alle Olimpiadi estive del 1996 ad Atlanta, è stata onorata come una delle 100 più grandi olimpiche della storia.

 

Alice Coachman Davis, nei decenni non ha mai dubitato del suo contributo alla causa dei diritti civili: "So di aver fatto la differenza tra i neri, essendo io stata una dei leader", disse al New York Times nel 1996.

Se fossi andata ai giochi e avessi fallito, non ci sarebbe stata nessuna a seguire le mie orme e non me lo sarei mai perdonato”.

Alice è morta all'età di 90 anni, il 14 luglio 2014 per arresto cardiaco, ad Albany in Georgia, là dov'era nata.

 

 

 

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