Zimbabwe: l'incredibile medaglia d'oro!

Zimbabwe: l'incredibile medaglia d'oro!

Zimbabwe: l'incredibile medaglia d'oro!

 

 

Quando alla gente viene chiesto di ricordare i vincitori delle competizioni di Hockey Olimpico Femminile, ci sono alcune nazioni che si staccano dal solito cliché. Olanda, Australia, Germania sono di solito le prime squadre che vengono in mente alla gente.

Nel 1980 però, è stata una squadra molto diversa a salire sul gradino più alto del podio.

Una pagina eclatante della storia dell'hockey femminile è stata scritta quando lo Zimbabwe si è presentato per ritirare la medaglia d'oro, dopo una dolcissima vittoria per 4-1 sull'Austria.

L'intera storia parla di un'impresa costruita sulle sorprese, sui colpi di scena. Come nazione lo Zimbabwe esisteva solo da pochi mesi, dopo che era stato dichiarato stato indipendente all'inizio di quell'anno. Prima del 1980, il paese era conosciuto con il nome di Rhodesia ed era ancora sotto il dominio coloniale britannico.

Il riconoscimento dello Zimbabwe, come stato indipendente, significava che il Comitato Olimpico Nazionale dello Zimbabwe potesse chiedere il riconoscimento da parte del CIO. Questo fu concesso e un invito , anche se tardivo, praticamente all'ultimo momento ai Giochi Olimpici di Mosca, permise agli zimbabwesi di schierare una squadra di hockey femminile alle Olimpiadi.
Sei squadre erano in lizza per la competizione: Austria, Cecoslovacchia, India, Polonia, Unione Sovietica e Zimbabwe. Il team africano aveva saputo di poter partecipare solo tre settimane prima della cerimonia di apertura ed era in ritardo di preparazione atletica così come di affiatamento.

In pratica andò a competere senza allenamento.

In preparazione alle Olimpiadi, la squadra giocò qualche partita contro team maschili locali: poca cosa per affrontare un'avventura olimpica. All'arrivo a Mosca poi iniziarono altre complicazioni: le atlete si resero conto di non avere le scarpe corrette per la superficie; si reserono conto anche che quella superficie, in erba sintetica, proprio non l'avevano mai vista in vita loro, abituate com'erano ai campi erbosi africani! Quindi la sitazione richiedeva una folle corsa per comprare scarpe nuove, ma anche un velocissimo adattamento alla velocità quasi doppia del gioco.

 

Era una squadra di 16 membri, costruita intorno al nucleo dell'ex squadra della Rhodesia, assemblata frettolosamente da Liz Dreyer, Presidente della Federazione Nazionale di hockey femminile, che diventò manager della squadra. Ann Grant allora 25enne fu nominata capitano della squadra.  Anthea Stewart, che aveva giocato per il Sudafrica 25 volte prima di ritirarsi nel 1974, allenò la squadra; Liz Chase, l'unico altro membro del team con esperienza internazionale venne nominata vice-capitano. A 35 anni, Stewart era l'atleta più anziana della squadra, mentre Arlene Boxall, il portiere di riserva di 18 anni, era la più giovane. Il team titolare comprendeva anche le sorelle gemelle Chick e Sonia Robertson.

 

Interamente amatoriale, la compagine schierava per lo più giocatrici con professioni non legate allo sport.

Grant, ad esempio, era una contabile, mentre Boxall era una impiegata nell'Air Force dello Zimbabwe. Molti avevano parenti sportivi, in particolare Grant, il cui fratello era un giocatore di cricket internazionale.

Audrey Palmer, una ufficiale di hockey esperta e arbitro che aveva giocato per la Rhodesia dal 1953 al 1961, fu ingaggiata come allenatrice. Viaggiarono su pullman tra la capitale Lusaka e poi a Luanda in Angola, da dove volarono a Mosca su un aereo solitamente utilizzato per la spedizione di carne. "Il fetore era terribile", disse in seguito Ann Grant. “Non c’erano posti a sedere, quindi ci sedemmo tutti sul pavimento, legati alle cinture, tutti assieme verso l’ignoto”.

 

 

 

Comunque andò tutto bene: la nuova superficie e la mancanza di preparazione non sembrarono ostacolare la squadra, che vinse contro la Polonia per 4-0 nella partita di apertura prima di strappare un pareggio per 2-2 alla Cecoslovacchia, squadra molto forte. Un'altra vittoria per 4-0 contro la Russia fu seguita da una partita difficilissima contro l'India, pareggiata per 1-1.

Restava l'ultima partita contro l'Austria.

Lo Zimbabwe passò subito in vantaggio con Sandy Chick, ma con un rigore l'Austria riuscì a pareggiare poco prima dell'intervallo. Patricia McKillop, che era la capocannoniere del torneo, riportò in vantaggio la sua squadra al 51' prima che, di nuovo lei e Gillian Cowley, mettessero la partita fuori dalla portata dell'Austria.

Ann Grant ancora oggi dichiara che l'evento e le settimane seguenti, costituiscono un momento che ha ancora una qualità meravigliosa.

“È abbastanza surreale pensare che siano passati 40 anni da quando la storia, la favola oserei dire, del mio meraviglioso team è stata scritta come leggenda olimpica. Abbiamo ricevuto un’enorme accoglienza al nostro ritorno in aeroporto con majorette, tamburi, bouquet floreali e una grande folla di familiari e sostenitori che mostrarono il loro giubilo alla nostra vittoria. I funzionari governativi organizzarono varie funzioni celebrative e siamo state accolte in tutto il paese, trionfante”.

Grant ricorda che il neo-formato Comitato Olimpico Nazionale dello Zimbabwe dovette annullare tutta l'attività per garantire che cose come il cambio della valuta estera, le uniformi della squadra e i nuovi passaporti fossero tutti pronti.  

Le giocatrici stesse si allenarono prima e dopo il lavoro, nei fine settimana, spesso di notte. Ann Grant usò i nani di legno del suo giardino, sul retro, per esercitarsi a dribblare, mentre suo marito Clive le fece da partner di allenamento.

Una volta a Mosca, l'allenatore Anthea Stewart si assicurò che il team fosse ben informato sull'avversario prima di ogni partita; riuscirono persino ad organizzare una partita di allenamento contro l'India, qualcosa che Grant dice regalò alla squadra un'enorme quantità di informazioni.

Quando guarda indietro alla partita finale, Grant ricorda: "L'intera partita è stata come una trance per me personalmente, poiché ero concentrata sul mantenere la squadra perfetta fino al fischio finale”.

“Quando fu fischiata la fine” continua Grant “le parole sono insufficienti per descrivere quel sentimento. Il tuo cuore vuole esplodere dal tuo petto, sei sopraffatta dalla grande felicità. Avevamo vinto la medaglia d’oro, in primo luogo per la nostra squadra, ma anche per il nostro neonato paese dello Zimbabwe. Eravamo donne estremamente orgogliose. Il fatto che non avessimo un inno nazionale alla presentazione della medaglia non era un deterrente per i nostri sorrisi raggianti alla folla”.

Ann Grant ricorda ancora quelle Olimpiadi del 1980:”Personalmente, la consegna della medaglia è stata emotivamente molto forte per me, in quanto non avevo nessuno della mia famiglia o mio marito ad assistere. Stavo anche pensando al mio defunto papà che era morto solo otto mesi prima delle Olimpiadi. La piccola folla di tifosi dello Zimbabwe nello stadio però cantò e sollevò il nostro spirito mentre uscivamp dal  campo. Poi ci furono le enormi celebrazioni del nostro Comitato.
Penso che inizialmente abbiamo dato speranza a tutti gli zimbabwesi di tutti i ceti sociali in quanto, anche come nuovo paese di fronte al meglio del mondo, siamo riuscite a vincere contro ogni previsione. Nessuna di noi aveva mai giocato su di una superficie artificiale, non avevamo mai usato gli stivali multi-zer che sono stati in fretta acquistati a Mosca. Abbiamo quindi dovuto adattarci ad un diverso stile di gioco rispetto ai tappetini in erba di casa nostra, nei campi dello Zimbabwe. Eravamo semplicemente entusiaste di questa nuova avventura e abbiamo giocato mettendo tutto, con tutti i nostri cuori”.


La squadra vincitrice della medaglia d'oro continua ancora oggi ad incontrarsi e comunicare in giro per il Paese. Nel 2018 la commemorazione si è tenuta a casa della defunta vice-capitano Liz Chase. L’emozione che trasparì dalla voce di Ann Grant fu enorme: “Per me, non è solo la rievocazione della prima medaglia d’oro olimpica dell'hockey femminile, ma del lavoro e della passione di tutte noi, parti di quell'insieme di colori necessario per rendere completo l’intero quadro. Sono state esperienze di vita incancellabili che rimarranno con me, con noi, per sempre”.

 

 

La squadra di hockey ha vinto la prima delle tre medaglie d'oro olimpiche della storia dello Zimbabwe.

Tutte le medaglie d'oro sono femminili: le altre due furono vinte da Kirsty Coventry nel nuoto, ad Atene 2004 e Pechino 2008.

 

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