Sara Gama:”A Trieste ero l’unica ragazza che giocava a calcio”
Sara Gama:”A Trieste ero l’unica ragazza che giocava a calcio”
Le sue compagne della Nazionale l’hanno salutata indossando parrucche con i capelli ricci, come lei e non è un caso che anche i suoi capelli siano diventati un simbolo riconosciuto all’estero. Sara Gama ha detto addio alla nazionale dopo 140 presenze, una scelta drastica, ma ponderata. “Racconterò per anni la storia delle mie compagne che indossano le parrucche. Abbiamo scherzato su questo per tutta la sera. Poi a Coverciano abbiamo avuto un momento più intimo, ci siamo commosse”.
Questo uno dei passaggi dell'intervista rilasciata dopo la sua ultima partita in Nazionale contro l'Inghilterra, dominata dalle inglesi per 5 a 1.
“Ho capito che il calcio sarebbe stato il mio mestiere a 16 anni, quando mi sono trasferita a Tavagnacco e mi hanno dato i primi 100 euro per giocare. Mi è sembrato incredibile che mi pagassero per essere in campo! Quel denaro era solo un rimborso spese, ma nella mia mente mi preparavo a farlo in modo professionale.
Il mio primo pallone, luminoso e colorato me lo regalò mio nonno e l'ho sempre portato con me. Nessuno in famiglia amava il calcio, ma non hanno mai cercato di dissuadermi. Semmai, qualcuno fuori dalla famiglia, perché lo vedeva come qualcosa di insolito. Per anni, in tutta Trieste sono stata l’unica ragazza che giocava a calcio e i bambini e i genitori mi hanno visto come una scoperta”.
Sara ha poi parlato dei suoi interessi nella vita non sportiva.
“Eventi culturali o semplicemente una cena con gli amici sono la base del mio tempo libero; vivo a Torino, dove c'è molto sport da vedere: sono andata alla Final Eight di basket, ho visto anche le finali ATP di tennis dal vivo, Sinner contro Rune a novembre.
Da bambina correvo a nel mezzofondo a scuola, ma con i miei amici abbiamo giocato principalmente a calcio, anche se ho anche praticato il tennis in un club dove avevo anche le chiavi per potermi allenare da sola contro il muro. Non sono mai arrivata però ad un livello serio”.
La ex-Capitana della Nazionale ha poi parlato del suo rapporto con i social.
“Oggi dietro ad uno schermo ci si permette di scrivere cose che nessuno avrebbe il coraggio di dire di persona. Questo ha un impatto sulla vita degli atleti: opinioni positive o negative diffuse a macchia d’olio, influenzano la qualità della nostra vita. Anche gli eccessi positivi possono fare un sacco di danni. Quelli negativi riguardano per lo più l'aspetto fisico. E' comunque pratica comune prendersi cura di se stesse anche come immagine. Di solito alcune calciatrici si truccano prima di andare in campo, è normale. Ci si fanno i capelli, ci si prende cura della pelle e si va dal parrucchiere. Il calcio non è più solo sport, ma anche immagine come dicevo. Il mondo è cambiato: ho visto compagne di squadra lasciare la Nazionale per accettare altre offerte di lavoro. L’idea era che una ragazza non potesse guadagnarsi da vivere giocando solo a calcio. Ora con il professionismo il punto di vista dovrà cambiare, anche se sono ancora tanti quelli che pensano il calcio non possa essere fatto per le donne. Sono eredità di cose che vengono da lontano, molto lontano. Il calcio femminile è nato con il calcio maschile in Inghilterra alla fine del XIX secolo, ma in Italia solo nel 1933 a Milano. Poi il fascismo lo bandì pensando che fosse un male per le donne. Alcune idee provengono da quella cultura, potremmo dire retaggio ancora di quella ignoranza. Cambiare quella eredità richiede tempo”.
Per Sara il caso di Jenni Hermoso (ndr. baciata sul podio dei Mondiali dall'ex Presidente della Federazione spagnola poi dimissionario) è facile da analizzare:“Chiunque non abbia ancora capito come relazionarsi con un atleta femminile di alto livello è figlio della stessa eredità ideologica.
Però, io punterei sul cosa fare per promuovere lo sport femminile. Io vorrei fare di più per permettere alle ragazze che vogliono giocare a calcio di farlo: non ci sono abbastanza strutture che possano ospitarle vicino a casa e non tutte hanno genitori che possono accompagnarle, magari a quasi un'ora di strada. Quelle che non li hanno, poi se ne vanno. Gli uomini e le donne non hanno ancora le stesse opportunità per le decisioni a livello Federale e in questo le quote rosa forse servono per entrare in un mondo, anche se non bastano: dobbiamo incoraggiare la formazione delle donne manager, sta a noi andare a prenderci quello che meritiamo”
Per il futuro come allenatore Sara Gama racconta:”Non ho mai sentito la spinta a seguire quella carriera: alcune delle mie colleghe hanno già fatto i corsi. Io ho scelto una carriera più politica, sono Vice Presidente dell'Aic (ndr. la Assocalciatori).
Ho seguito il corso da direttore sportivo e questo sarà il mio percorso. Però, mai dire mai”.
Si chiude con la sua esclusione dalle convocazioni mondiali che tante polemiche suscitò.
“Ho le mie opinioni, ma ora penso al presente e tengo i bei ricordi del girone di questa Nations League, dove abbiamo battuto le campionesse del mondo della Spagna, finendo seconde davanti alla Svezia. Il passato è passato, meglio ricordare le tante cose belle”.