Sul ring della discordia: il caso Carini-Khelif

Sul ring della discordia: il caso Carini-Khelif

La 23enne algerina Imane Khelif (63 kg)

 

 

L'incontro di pugilato tra Angela Carini e Imane Khelif alle Olimpiadi di Parigi 2024 ha acceso, questa settimana, ancora di più il dibattito sulla partecipazione degli atleti transgender nelle competizioni sportive femminili. Questa sfida ha messo al centro dell'attenzione questioni complesse legate all'etica, all'equità e all'inclusione.

La partecipazione di atleti transgender alle competizioni sportive è un tema controverso da diversi anni. In passato, il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) ha emanato diverse linee guida al riguardo, cercando di conciliare il diritto degli atleti transgender a competere con il principio di equità sportiva. Tuttavia, queste linee guida sono state spesso oggetto di critiche e riforme. Nel caso specifico di Khelif, la sua ammissione alle Olimpiadi, dopo l'esclusione dai Mondiali, ha innescato una reazione a catena.

 

Il pugilato femminile ha regole specifiche che disciplinano la partecipazione degli atleti transgender. Queste regole mirano a garantire una competizione equa, tenendo conto dei vantaggi fisici che un atleta transgender potrebbe avere in termini di forza e massa muscolare. Tuttavia, l'efficacia di queste regole è stata messa in discussione da molti esperti.
 

Gli allenatori, i medici sportivi e gli psicologi dello sport hanno espresso opinioni discordanti sulla partecipazione degli atleti transgender alle competizioni sportive femminili. Alcuni sostengono che la transizione di genere non annulla i vantaggi fisici acquisiti durante la pubertà maschile, mettendo a rischio la sicurezza delle atlete cisgender; altri, invece, sottolineano il diritto degli atleti transgender a competere e a realizzare i propri sogni.
 

La sfida tra Carini e Khelif ha suscitato un ampio dibattito sui social media e nei media tradizionali. Da un lato, ci sono coloro che sostengono il diritto di Khelif a competere e che vedono in questa sfida un passo avanti verso una società più inclusiva. Dall'altro lato, ci sono coloro che temono che la partecipazione di atleti transgender possa svantaggiare le atlete cisgender, le quali per prime chiedono regole più stringenti.
 


Angela Carini e Imane Khelif rappresentano due punti di vista diversi sulla questione. Carini, come molte altre atlete cisgender, potrebbe essere preoccupata per l'impatto che la partecipazione di Khelif potrebbe avere sulla sua carriera.

Khelif, invece, potrebbe essere determinata a dimostrare che ha il diritto di competere e di raggiungere i suoi obiettivi.
 

In questi giorni però sono emersi video impressionanti, dove la pugile (o “il pugile” secondo molte atlete), colpisce duramente la sua avversaria messicana, Brianda Tamara Sandoval, con il match sospeso alla terza ripresa per KO tecnico. La Sandoval, stordita dalla sequela di colpi e appoggiata alle corde, ha dichiarato di essere stata felice nel riuscire ad abbandonare il ring con le proprie gambe, dopo aver rischiato forse la vita in un incontro con colpi che mai aveva provato nei suoi 13 anni di carriera.

 

L'IBA, la Federazione Internazionale della Boxe, ha impedito a Khelef di gareggiare nel mondiale, ma nelle Olimpiadi la giurisdizione è in mano al Comitato Olimpico (il CIO), il quale asserisce che Khelef ha un passaporto femminile ed è in regola con la caratteristiche di peso e licenze richieste per poter accedere alla competizione. La stessa cosa è successa a Lin Yu-ting di Taipei, ammessa a sua volta alle Olimpiadi.

 

 

Al momento delle loro squalifiche nel mondiale, il presidente dell’International Boxing Association, che governa i Campionati del Mondo di Boxe, ha affermato che i test cromosomici delle atlete sono XY (le donne hanno tipicamente due cromosomi (X).

Sulla base dei test del DNA, abbiamo identificato un certo numero di atleti che hanno cercato di ingannare le loro colleghe nel porsi come donne”  ha detto il presidente dell’associazione, Umar Kremlev  “perchè secondo i risultati dei test, è stato dimostrato che hanno cromosomi XY. Tali atleti sono maschi a tutti gli effetti e sono stati esclusi dalla competizione”.

 

Khelif e Lin hanno entrambi sempre gareggiato come donne, e non c'è alcuna indicazione che li identifichi come transgender o intersessuali, cioè coloro che sono nati con caratteristiche sessuali che non rientrano strettamente nel binario di genere maschio-femmina, se non l'esame del DNA dell'IBA.

Dopo la sua squalifica l’anno scorso, Khelif ha detto all’Algeria Ennahar TV che alcuni “non volevano che l’Algeria vincesse una medaglia d’oro”.

Il caso ha rischiato di diventare anche diplomatico.

La sfida tra Carini e Khelif quindi oltre alle polemiche solleva interrogativi complessi che richiedono un dibattito approfondito e una riflessione collettiva. È necessario trovare un equilibrio tra il diritto degli atleti transgender a competere e il principio di equità sportiva, garantendo al tempo stesso la sicurezza di tutti gli atleti.

Anche se la maggior parte delle Federazioni hanno impedito l'inclusione delle atlete transgender negli sport femminili le Olimpiadi le hanno incluse.

Atletica, Calcio, Nuoto e Ciclismo per prime hanno regolamentato l'accesso alle rispettive discipline vietandolo alle “atlete diventate donne dopo aver attraversato la pubertà maschile”.

 

Il CIO dopo le Olimpiadi di Tokyo 2020, pur avendo auspicato queste regole da parte delle Federazioni, non le ha assecondate, decidendo solo attraverso le valutazioni burocratiche la partecipazione delle atlete transgender alla fase finale, dopo essere passate per le qualificazioni.

 

La vicenda che domani giovedì 1 agosto 2024 avrà il suo culmine con l'incontro Carini-Khelef sul ring olimpico parigino, potrebbe portare a nuove regolamentazioni a livello internazionale con un dibattito ancora più acceso sulla definizione di "donna" nello sport.

Nella speranza che questo avvenga e determini, una volta per tutte, la giusta collocazione secondo le possibilità fisiche e non quelle burocratiche, come moltissime donne/atlete auspicano.

 

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